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Gli errori più comuni che gli italiani fanno quando parlano in inglese

Pubblicato il 15/05/18 15.19

Gli errori più comuni che gli italiani fanno quando parlano in inglese - Wall Street English

Fare errori non è la fine del mondo, soprattutto quando si parla una lingua che non è la propria. Quali sono gli errori più comuni commessi dagli italiani quando parlano inglese? Ce ne sono diversi, sia a livello lessicale – ossia relativi al vocabolario - che a livello grammaticale e sintattico.


In linea di principio è possibile racchiuderli tutti in alcune grandi categorie, ed è esattamente quello che abbiamo fatto. Vediamo quali sono:

La costruzione della frase

Il primo vero errore che fanno non solo gli italiani che parlano inglese, ma tutte le persone quando parlano una lingua straniera è quello di impostare la frase sulla base della propria lingua madre. In realtà ogni lingua è costruita diversamente dalle altre, per non parlare del fatto che anche i termini e le espressioni stesse non sempre sono equivalenti: se fosse così semplice, basterebbe un vocabolario per imparare una nuova lingua, ma così non è. L’inglese, ad esempio, è una lingua “SVO”: prevede che in una frase ci sia prima il Soggetto, poi il Verbo e poi il complemento Oggetto; il tedesco, invece, prevede che nelle frasi secondarie il verbo principale vada sempre alla fine della frase.

Il soggetto

Un altro errore riguarda l’uso del soggetto: se in italiano può essere sottinteso e posizionarsi in punti diversi della frase, in inglese il soggetto deve essere sempre espresso, non è mai sottinteso e si posiziona sempre prima del verbo.

La –s per coniugare i verbi

Rispetto all’italiano, che presenta molte coniugazioni e verbi irregolari, l’inglese è una lingua relativamente più semplice: i tempi verbali inglesi sono meno difficili da memorizzare e molte volte si utilizza la stessa “parola” per esprimere sia il sostantivo che il verbo corrispondente. Se è vero, però, che una delle poche cose da ricordare è quella di aggiungere la “-s” alla terza persona singolare del presente indicativo o al plurale dei sostantivi regolari, è vero anche che - risultando quasi un’eccezione - la stessa si dimentica molto spesso. 

I false friends

Un altro cruccio degli italiani sono i “false friends”, cioè i c.d. falsi amici. Sebbene una buona parte del vocabolario inglese derivi dal latino (e l’altra dalle lingue germaniche), ci sono alcuni termini che pur sembrando simili all’italiano, hanno un altro significato: si tratta appunto dei false friends. Appartengono, fra gli altri, a questa categoria:

  • to pretend, che significa fingere (e non pretendere)
  • actually, che significa in realtà (e non attualmente)
  • annoyed, che significa irritato (e non annoiato)
  • eventually, che significa infine (e non eventualmente)
  • parents, che significa genitori (e non parenti)
  • library, che significa biblioteca (e non libreria)
  • factory, che significa fabbrica (e non fattoria)
  • educated, che significa istruito (e non educato)

 

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La doppia negazione

È un altro degli errori più comuni. Se in italiano è corretto o comunque accettabile dire, ad esempio “Non ho visto nessuno oggi” in inglese questo non è ammesso. La frase corretta sarà, dunque “Today, I didn’t see anyone”.
La frase “Today, I didn’t see no one” è dunque errata (e se state pensando alle famose ‘’We don’t need no education’’ o “I can’t get no satisfaction’’, beh, si tratta di licenza poetica!).
La pronuncia. Un altro errore riguarda la pronuncia di alcune lettere. Vediamo alcuni esempi:

  • Se in italiano è muta, in inglese la h a inizio parola va sempre pronunciata, tranne nelle parole honour, heir, heiress, honest, hour e derivati: non pronunciarla può cambiare il significato delle parole! Il più classico degli esempi è la differenza tra angry (arrabbiato) e hungry (affamato) che, sebbene scritte diversamente, si pronunciano allo stesso modo eccetto che per la h aspirata, appunto.
  • Kn a inizio parola - come nelle parole know, knight, knock - si pronuncia n.

Nelle parole che terminano con ng la g non si pronuncia e la n ha un suono nasale (rappresentato con [ŋ] nell’alfabeto fonetico).

L’articolo

L’utilizzo dell’articolo determinativo, che grande problema! In inglese non è così comune come in italiano. Generalmente l’articolo si usa:

  • per riferirsi a qualcosa di cui si è già parlato
  • per determinare un nome
  • per riferirsi a esemplari unici
  • per riferirsi a qualcosa in particolare

L’articolo non si usa:

  • con i sostantivi astratti
  • con i nomi propri
  • con i sostantivi plurali
  • per riferirsi a qualcosa in senso generale

La traduzione

E infine, ma non per importanza, le traduzioni letterali. Talvolta sono necessarie, altre non se ne può fare a meno, ma il compito del traduttore è quello di rendere il testo di partenza nella propria lingua d’arrivo. Il risultato deve essere naturale e discreto, il testo finale non deve dare l’impressione di essere una traduzione, un prodotto surrogato. Citando Marco Piva-Dittrich: "Tradurre [...] è come suonare il basso in una band rock: il traduttore, come il bassista, si notano solo se non sono all'altezza.”

Questi sono gli errori più comuni commessi dagli italiani che imparano a parlare inglese. E tu, ti riconosci in questa lista? Hai mai commesso uno o più di questi errori? Ad ogni modo non fartene un cruccio, come ha detto Gloria di Modern Family: “This is not my first language. I don’t understand English very goodly”.

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In bocca al lupo!

 

Argomenti: Grammatica inglese