Remote working e smart working sono utilizzati in Italia come sinonimi per riferirsi alla modalità di lavoro da remoto, cioè alla possibilità di lavorare da casa ricorrendo a strumenti informatici. Ma è proprio così? Questi due termini sono equivalenti nel significato?La risposta è NO.
Smart working in inglese ha un significato molto lontano da quello attribuito da noi italiani. Indica, infatti, una modalità di lavoro flessibile con processi migliorati e ricorso a tecnologie e strumenti che rendono il lavoro più funzionale perché agiscono in modo “intelligente”, appunto smart.
Dunque la dicitura smart working non è utilizzata nella terminologia giuslavorativa inglese con il significato italiano ma questo errore ormai è entrato a far parte del gergo comune e continueremo ad utilizzarlo ancora in futuro.
Di fatto questa espressione è divenuta ricorrente con la pandemia di Covid-19 e si è cominciato ad usarla per riferirsi in maniera generica all’opzione del lavoro da casa come misura di contrasto alla diffusione del virus.
Anche la legislazione italiana, come pure aziende, politica e media, usa impropriamente l’anglicismo smart working per riferirsi - come si evince nel testo di legge n.81 del 22 maggio 2017 - alle misure atte a favorire il lavoro agile.
Ma gli inglesi, si sa, sono concisi e precisi quindi usano l’espressione working from home - abbreviata WFH - per riferirsi esattamente alla possibilità di lavorare da casa e mai e poi mai userebbero smart working a tale scopo!
Tra smart e remote: l’origine del fraintendimento
Il problema nasce dal fraintendimento del significato inglese dell’aggettivo smart che, lungi dall’essere sinonimo di una qualche attività da svolgersi online o in modalità telematica, significa invece “intelligente”. Applicato al contesto lavorativo, si riferisce all’uso di nuove tecnologie che rendono il lavoro più intelligente grazie alla flessibilità dei processi.
Sta di fatto che in inglese l’espressione “lavoro agile” non corrisponde né al concetto di agile working che è un false friend, tantomeno a quello di smart working. Piuttosto si potrebbe parlare di flexible o remote working.
Ed effettivamente sulle testate dei media britannici è facile leggere titoli che fanno riferimento al remote working, al working from home o al telecommuting a indicare la modalità di lavoro da casa con mezzi tecnologici propri e orari flessibili.
Gli anglicismi sono sempre più ricorrenti
L’espressione smart working è uno pseudoanglicismo ossia appartiene a quella categoria di parole nuove che non fanno parte del vocabolario inglese ma la cui costruzione sintattica subisce l'influenza della lingua d’oltre Manica senza rispecchiare la traduzione in uso.
Un po’ quel che succede con parole come autostop, il cui corrispettivo inglese è “hitchhiking” oppure autogrill che in inglese nemmeno esiste e corrisponde alla “motorway service area” (area di servizio).
Dunque, quel che è chiaro è che smart working in inglese non esiste nel significato che gli è stato attribuito dalla lingua italiana e tutte le volte che ci si riferisce alla possibilità di lavorare da casa secondo un approccio più digitale e libero dai molti paletti e dall’inflessibilità degli schemi dei classici ambienti di lavoro, bisognerebbe utilizzare l’espressione remote working.
Questo errore è oramai ampiamente diffuso nel vocabolario italiano, anche nelle sue abbreviazioni quali “Oggi sono in smart!” e difficilmente potrà essere abbandonato. È bene ricordare, però, che è grammaticalmente e concettualmente errato in inglese riferirsi al lavoro da casa parlando di “lavoro intelligente”.
Gli anglicismi sono sempre più frequenti nella lingua italiana, come contaminazioni continue e costanti che testimoniano un modo di comunicare sempre più global e social.
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Essere consapevoli degli errori diffusi, sapere utilizzare correttamente un termine o riconoscere un false friend sono aspetti chiave che si acquisiscono con la pratica e con l’approfondimento della lingua inglese.
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